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IL PALAZZO DELLE DEBITE

Il palazzo preesistente, in epoca medievale, era un grande edificio sviluppato in lunghezza (più o meno come ora da via Manin a via Fiume), sovrastato da un cupo e massiccio torrione; un passaggio pensile, una sorta di “ ponte dei sospiri” lo collegava al Salone. Qui aveva sede il tribunale, mentre l’attiguo edificio era adibito a prigione per debiti (da cui il nome). Allora come adesso le piazze erano il punto d’incontro di commercianti, uomini d’affari, assemblee comunali, il fulcro del commercio cittadino.

La prigione era divisa in camerate (6): del Torrazzo,delle Debite, Liona, Boarina, Morgante e Morosina per le donne. Il passaggio al Salone era costituito da un cavalcavia che ospitava l’Offizio di Sanità.

Nel 1874 fu incaricato per la nuova costruzione l’arch. Camillo Boito allievo di Pietro Selvatico Estense, fratello del musicista Arrigo. Il disegno originale, nel suo stile eclettico, prevedeva un palazzo di cinque piani, ma era talmente fuori scala che lo stesso Boito pensò di abbassarlo di un metro e mezzo.La pelle architettonica del fabbricato, grondante di leoni e stemmi, lo veste in stile “Maison de commerce”, fu infatti uno dei primi palazzi in Padova ad uso negozi al pianterreno e mezzanino, e residenze ai piani superiori. A piano terra insiste un portico sul solo lato Piazza delle Erbe in modo da creare un passaggio coperto di collegamento tra le due piazze. Negli altri due lati l’edificio risulta sprovvisto di portico, mentre gli angoli smussati vengono progettati con l’intento di rendere maggiormente visibile il monumento del Salone. La pianta mette in evidenza un impianto a ferro di cavallo, servito da due vani scala sui lati opposti, con una struttura a sette murari perpendicolari ai lati delle facciate, in corrispondenza dei quali sono poste le colonne del portico. I materiali utilizzati sono : la pietra ( il bianco botticino del piano terra e il calcare dei colli Euganei utilizzato per i piedritti verticali, e il mattone locale. Accanto a questi, compare il ferro che serve a definire le vetrine dei negozi e i portoni d’ingresso, oltre che gli arredi e l’illuminazione del portico. Dopo l’ultimo restauro, durato ben cinque anni (2014), il palazzo mostra la sua elaborata facciata, ricca di simboli, di finestre e balconi, di lesene, di bifore, di poggioli, popolata da un bestiario fantastico, una grande quinta che chiude ad ovest piazza delle Erbe
 
. La fabbrica di proprietà dell’Inps, gestita da un gruppo immobiliare triestino, negli anni settanta era sede degli uffici comunali : c’era il settore contabilità e ragioneria, l’ufficio affissioni, i tributi; il personale proveniva soprattutto da quello daziario rimasto inoperoso dopo l’eliminazioni delle barriere comunali.Dalla fine degli anni settanta in poi, il palazzo resta chiuso per decenni, mentre la vita scorre nei negozi che si aprono sotto il porticato.


       
      

 

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